(nella foto, la locandina di Step up)
venerdì, marzo 30, 2007
Resuscito?
Che faccio? Pasqua si avvicina. Gesù Cristo resuscita e io non so cosa fare. Va beh ci pensiamo dopo. Ieri serata Roberta, tra fondoschiena d'oro e facce da culo, giurie strappate dai verbali di Woodcock, e carni da macellare come fossimo in tempo di guerra. E io lì a pensare che quattro giorni prima ero ad Amsterdam a sognare una vita affacciata alla finestra che dà su un canale. Ho voglia di annoiarmi vicino alla persona che amo, ho voglia di nausearmi di carezze, di abbracci sotto le coperte, di ricordi libertini consumati a strappare corpi da sgualciti vestiti. E invece ero lì a non sentire cosa dicevano, a non vedere chi sfilava, a non capire cosa stesse accadendo. Per fortuna c'era Omar Pedrini con cui ho fatto chiacchiera sulla sua musica, sui suoi amici, sui suoi nuovi lavori. Finito il mondo rotondo firmato Roberta ho voluto massacrarmi in un altro firmato Roberto (o Carlo, o Giuseppe o Mario). Gasoline. Giovedì sera. Saluto. Entro. Mi guardo intorno. Sono solo. Come lo ero l'ultima volta che sono entrato mesi fa. Baci, abbracci, e la solita domanda: "Dove sarà in questo momento?" Chi? Lui, l'altro, il prossimo...non ha importanza. "Ciao come va", dico a un tizio che conosco. "Non ti avevo riconosciuto, mi sembravi un divo", mi risponde. "Beh sembro tante cose, anche una brava persona in fondo", penso. Ballo compito come in un coro ecclesiastico e mi agito nella mente come se stessi facendo un provino per Flashdance. Bipolarismo danzante. Una nuova patologia, mi sa. Ore 3 mi ritiro. Felice di esser stato lì e di sapere che ci ritornerò fra sei mesi, forse. Incazzato nero perché i miei anni sono il doppio di quelli dei glabri avventori. Ma non cado nella trappola e me ne fotto. Questa mattina accendo il cellulare. 1982 mi ha cercato. Lo chiamo. Mi dice che è felice e mi fa immensa tenerezza. Ma la cosa non contempla la mia presenza. Così, nella sua felicità, faccio di tutto per infilarmici dentro. E la rovino. Click. La conversazione finisce. Lui la fa finire. "Piacere Alberto", mi viene da dire. Ma solo io so cosa significa. Nano nano.
domenica, marzo 11, 2007
Giugno 1987...la frattura
...C'è una frattura irreversibile che ci ha (mi permetto di parlare al plurale, chi vuole si identifichi chi non vuole mi perdoni...e si ricordi che sono già morto...) ancorati per sempre a questo mondo fatto di caschetti biondi, voci roche, spaccate verticale, cicale, telefoni ed orecchini tolti da mani samaltate di rosso, ambre, caselle rotanti e ceroni sciolti dalle lacrime. Per forza. Ci ho pensato a lungo. Ci deve essere un momento preciso, una data, un giorno che ha deviato il regolare flusso degli eventi. Qualcosa come la caduta del muro di Berlino, l'abbattimento delle torri gemelle a New York o l'ultima puntata di Dynasty. Qualcosa ci deve essere stato che ha segnato la nostra vita. E pensa, ripensa e pensace ancora, un giorno di colpo la soluzione. Un po' come quando la Carrà diceva "giallo", per esempio, e il pubblico a casa doveva formulare la domanda. Bene, mi sono sentito come il concorrente che ci beccava: "Ecco la risposta alla mia domanda. E' chiaro come ho fatto a non pensarci prima". E la risposta è: Giugno 1987. Ovvero l'anno in cui Enrica Bonaccorti lascia Pronto chi gioca? (e la Rai) per andare a a Mediaset e inanellare una serie di insuccessi che l'avrebbero portata due decenni dopo ad occuparsi di cani e materassi. Sì, è tutta colpa sua se noi nati nel '72 (o giù di lì) siamo rimasti fermi alle baraccate di quegli anni. Era l'unica che ci poteva traghettare in un mondo di adulti. Era l'unica potenziale icona gay (aimè interruptas) scevra da lune, cobra, scendo non scendo, attimi e Pedri conosciuti in altri emisferi. Lei da camaleonte sguaiato da Genny vestita (questo non ve lo ricordavate....) ci avrebbe condotto per mano in un nuovo decennio privo di spalline, fuseaux, camicie pizzate, diari scolastici gonfi di drammi, proclama, testi di canzoni ritagliate da Sorrisi, di cui ci saremmo pazzamenti innamorati, dimenticando il precedente. Dalla scuola di vita che era Pronto chi gioca? ci avrebbe fatto innamorare di tutto quello che c'è stato dopo, che neppure so dire cos'è visto che manco me lo ricordo. Ci avrebbe fatto dimenticare gli occhi bistrati e le risate della Carrà, le moine della Parisi, le mise della Cuccarini, i riccioloni della Braga, le schiave isaure e le Gracia Colmenares che invece sono rimaste tatuate nei nostri ricordi. Ambra sarebbe satata la sua naturale erede e adesso io starei parlando dei drammi di Britney Spears, di Paris Hilton o di Ilary Blasi. E invece no.... Queste non mi appartengono (e non ci tengono). Qualche giorno fa una ragazza di 22anni che lavora con me mi ha detto: "sono andata ad un concerto di Prince è sono stata tutto il tempo seduta. Conoscevo solo una canzone...come si chiama? Kiss, esatto. Le altre mai sentite...troppo vecchio...". E io muto..."effettivamente". Bah.... Se la Bonaccorti se ne fosse rimasta alla Rai... Che meraviglia.... Anche io a quest'ora potrei dire: "Loredana Berté? Ma chi è quella che cantava E la luna suonò?" E spararmi nell'Ipod l'ultimo cd di Fabri Fibra... Fanculo anche a lei va...Nano Nano
(nella foto, Sonia Braga tornata diva nella telenovela in onda attualmente in Brasile Paginas da vida)
(nella foto, Sonia Braga tornata diva nella telenovela in onda attualmente in Brasile Paginas da vida)
lunedì, marzo 05, 2007
Aragosta a colacion
...tornato oggi da Cuba. Da La Havana, per essere più precisi. Che dire? Che La Havana mi ricorda qualcuno che conosco molto bene. Che tutte quelle case che cadono a pezzi mi sembrano le mie certezze che non rimangono più su. Che la soppravvivenza quotidiana di tanti dei suoi abitanti non si discosta dalla mia quando penso a quello che vorrei e che non ho. Che quella città, mi sa, è come l'Africa ti innamori e ti viene il male quando non ci stai. Che i cubani sono cubani e questo vuole dire esser un mondo a parte. Che mi sto paragonando ad una della città più belle del mondo, guarda che caso. Che quando i due ragazzi italiani ci hanno detto: "questo è Carlos, il giornalista, un figo pazzesco" e ho pensato: "mi fa cagare", mi sono sbagliato di grosso. Che anche io tendo a prostituirmi in attesa che qualcuno mi porti via da me, sapendo perfettamente che da sè stessi non si può scappare mai. Che amare La Havana deve essere come amare la vita: si deve prendere tutto senza chiedere nulla. Che adesso sono qui e dalla mia finestra non vedo il malecon, non vedo le luci fioche della vie sgretolete, non vedo bottiglie vuote di rum, non vedo gente che lancia i propri sogni verso l'infinito. E sorrido... Nano nano companeros...
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