giovedì, settembre 21, 2006

Vagoni

Sono le due. Voglio scrivere qualcosa su questo blog. Voglio scrivere. Poi mi fermo. Mi blocco. Non ho idea di nulla. Suona il telefono. Ascolto in silenzio le parole che mi arrivano. Riesco a fermarne alcune. Mi piacciono. Muovono dentro di me qualcosa. Lentamente. Sale l'emozione mista alla voglia che avrei di stringerle. Di stringerlo. Paura, doccia, sporco, polvere, postino, carabinieri, tetti, Milano, palazzina...Mi ricordo solo queste. Vorrei ricordarle tutte. Vorrei che non fossero arrivate da una cornetta. Ma dall'altra parte del mio letto. Ci risono con il mio fottuto vorrei. Vorrei vorrei vorrei.... Vorrei riuscire stare senza. Vorrei riuscire e non volere. Vorrei riuscire a non volerlo. Vorrei riuscire ad amarlo e basta. E invece no. Non mi fermo e aggiungo, aggiungo e aggiungo. La mia parola amore è una locomotiva con dietro infiniti vagoni. Le aggiunte. Appunto. E io sono sempre sull'ultimo, quello più lontano. Ora la vaporiera non la vedo più... Sento che mi porta, ma non so dove, non so in che direzione, non so quale sarà la prossima fottuta fermata. Vorrei correre, aprire tutti gli scompartimenti ad arrivare alla testa del treno, alla testa del mio amore. Ci risiamo. Con i mie vorrei. Mi hanno detto che ho paura di amare. Ho paura di liberarmi dalla corazza che avidamente protegge me dagli altri. Come se fossi un imbalsamato da tenere lontano dall’aria. Ho chiesto perché? E mi è stato detto che forse è perché sono terrorizzato dall’idea che quello che c’è dentro la mia protezione non interessi a nessuno. E’già successo. Due volte. Per essere precisi. Poi ho capito il trucco. Così solo quando ho la certezza matematica che chi voglio vola in un’altra direzione, sono in grado di amare. Almeno credo che si tratti di quella sensazione che io chiamo amore. Paura, doccia, sporco, polvere, postino, carabinieri, tetti, Milano, palazzina... nano nano

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Qualcuno cantava:
Io sono la classica persona
che ama solo quando soffre
o quando sente più vicino l'abbandono.
E sento qualcosa che ci unisce
destino fatale e ineluttabile
come un legame
tra la vittima e il carnefice...


Che ne dici di scendere alla prima fermata e prendere un altro treno, prima che quello su cui ti trovi deragli rovinosamente?

Ti abbraccio

Anonimo ha detto...

io volevo quasi citare il prete del post successivo... ma mi/ti risparmio!
grrrrrrrrrrrrrr