Non so perché ma quando ho visto il servizio su Telecinco dell'arrivo a Madrid di Kakà ho pensato a Michael Jackson, alla musica, al calcio, ai paesi cattolici e a quelli che lo sono meno. Le mie sinapsi fumavano. Per poco, grazie a Dio. La notizia è semplice semplice: allo stadio Bernabeu di Madrid sono arrivate 40 mila tifosi del Real per salutare il calciatore brasiliano. A Los Angeles (e in tutto il mondo) migliaia di persone si sono riunite per ricordare il loro idolo. Ovvio, lì' nello stadio dei mondiali '82 c'era un arrivo, nella città degli angeli una partenza, azioni che comportano diversi umori. Va da sé. Per questo il mio umore era tutto per Michael e per i suoi fans lacrimanti e disperati, mentre gli sguaiati madrileni mi facevano pena: lì che si sgolavano al microfono come bestie assetate di sacrifici, illusi che il loro eroe possa in futuro, tamponare vuoti e paure e portare la felicità eterna. Ma è impossibile: il loro asso a volte c'è a volte no, a volte fa goal a altre no, può far vincere ma anche perdere. E' in bilico, insomma. La musica di Michael no, quella c'è sempre. Basta accendere l'I pod, collegarsi a Youtube, mettere un cd nel computer, nel lettore o dove sia. La musica non tradisce. L'emozioni la riconoscono. Ecco la differenze tra i fans di Michael e di Kakà. Io che sono snob aggiungo: ecco la differenza tra il cuore e la desolazione, tra l'amore e qualcosa che ha a che fare, quasi sempre, con le proprie brutte frustrazioni. Nano nano
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