Sono davanti al bar sotto casa. Mi saluta il barista che sta
tornando da qualche commissione. Il marocchino amico mio, quello che mi chiede
sempre come sta mia moglie, il figlio, la sorella i nipoti i parenti tutti, mi
dice se gli pago il solito cappuccino con brioche che generalmente gli offro.
Il barista sente e gli commenta scherzando: “Ma sei proprio una puttana, sempre
a chiedere”, o qualcosa del genere. Mentre lo dice io e lui stiamo entrando nel
bar, lui per lavorare io per pagare il conto del mio amico marocco. Il barista:
“Parlavo di lui e non di te, anche se non credo ti sei offeso perché la faccia
da puttanella ce l’hai anche tu”. Io lo guardo semi basito, mi vedo con lo sguardo
ammiccante in cerca di elastici pronti ad esplodere, poi biascico qualcosa
senza senso, come il resto della conversazione. Esco, saluto il mio amico e mi
dirigo verso l’automobile. Sì, automobile, non macchina. Io sono l’unico che la
chiama così. Lo so. Quindi, dicevo, mi dirigo verso l’auto e penso : “Ma cosa
ho sbagliato nella mia vita? Perché non mi sono dedicato a fare quello che la
gente pensi faccia?”. “Sii quello che sembri”, ha scritto Lewis Carroll mentre trascinava la sua Alice tra le meraviglie. Puttana eva… saperlo prima. Nano nano
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