martedì, marzo 30, 2010

Rickyone


"(...) Ha sido un proceso muy intenso, angustiante y doloroso pero también liberador. Les juro que cada palabra que están leyendo aquí nace de amor, purificación, fortaleza, aceptación y desprendimiento. Que escribir estas líneas es el acercamiento a mi paz interna, parte vital de mi evolución. Hoy ACEPTO MI HOMOSEXUALIDAD como un regalo que me da la vida. ¡Me siento bendecido de ser quien soy!"
Richy Martin

mercoledì, marzo 24, 2010

Che voglia di botox

La storia è un po' come quella del post precedente. Sono nello spogliatoio della mia palestra. Mi sono docciato, phonato, profumato e vestito. Sono pronto per crogiolarmi nel mio tempo libero meneghino. Sono le 15,30 del pomeriggio. Prima di respirare aria pura e non un mix di sudore, umidità e marciume tipico dei vestiaire delle palestre, soprattutto se posizionati come il mio nel seminterrato, anzi nel sotterraneo, dello stabile, devo fare una rampa di scale. Sono pronto. I miei glutei già sodi e allenati sanno cosa li aspetta: una quindicina di gradini o poco più. Ma prima della solita una signora, lì ferma e impalata, mi dice: "Scusi giovanotto, stavo giusto aspettando che passasse un ragazzo, ma finora ho visto solo donne, mi può dare una mano con il trolley? Sa vengo in palestra per curare la schiena e non mi conviene trasportare pesi". In realtà cosa abbia detto dopo la parola "ragazzo" non l'ho capito di preciso, la mia estasi ha raggiunto il culmine con quella parola, l'apogeo, il fastigio, l'acme, la sommità, la cima. E' anni che non vengo chiamato "ragazzo", è anni che i bastardelli brufolosi con cui entro in contatto per sbaglio, mi chiamano "signore". Per cui ho mostrato il mio sorriso a denti in poppa e via. Ho sollevato il trolley, l'ho portato in vetta e l'ho persino ringraziata. Io. "Grazie mille signora, buona giornata", le devo aver detto. Che voglia di botox. Nano nano.
(foto di Alessio Tini)

lunedì, marzo 22, 2010

Cassa catartica


Amo la gente che mi meraviglia. Amo la gente che mi mette a ko. Amo la gente che se ne fotte della mia alterigia d'ovatta e mi spiazza senza pietà. Esselunga, il supermercato de Milan, ore 19.50. Sono alla cassa. Il cassiere un cesso lento e senza perché. Io impaziente ma temerario rigido nella mia attesa da Tamburino di latta. E' tutto dentro. Fuori solo sguardi adamantini fermi come una contonatura di Lady Gaga. Nessuno può capire la mia noia, lì, alla cassa ad aspettare che un operaio della fame scansioni i codici a barre, in attesa del mio turno. Sono un demonio travestito da uomo freddo, asettico, insopportabile. Lo faccio apposta, voglio che il cassiere dal mento lungo e dai denti frastagliati sparisca soffocato dai sacchetti che distribuisce copiosi.Tocca a me. Io non mi concedo nessuna smorfia se non quella riflettente e di cera che ho da quando è iniziato la sua coda. Perché se la cassa è sua, lo deve essere anche la coda. no? Arrivo davanti a lui taciturno e insensibile. Ma lui non ci crede e mi dice: "Sei solo stanco o oggi è proprio una giornata da muso lungo?". Di colpo la catarsi, di colpo il sorriso, di colpo la pace tra me e il mio involucro. Ho iniziato a fare chiacchiera, ad essere simpatico, cordiale, pieno di attenzioni verso il cassiere che mi ha dato del "tu" e che ha spazzato via con una frase la coltre di mediacrità che mi sta separando dagli altri. Amo che non si ferma alla pena e arriva dritto al panico. In sintesi. Nano nano

giovedì, marzo 18, 2010

La pastorella che ha visto la Madonna

Ho solo un dubbio: la mia anima bolscevica mi rende insostenibile anche nella mia sicumera da mancato coito ribelle. Vorrei esserlo. Di più. Vorrei vivere la ribellione per respirarne la sua essenza. Invece ho sempre la sensazione di vivere impregnato di assenza, intollerabile assenza di tutto. Quasi tutto. Ovviamente. Vorrei essere un ribelle, l'ho già scritto da qualche parte, per distruggere questa insostenibile leggerezza del dire. A forza di piattume in questo paese crivellato dalla mediocrità stanno per scomparire anche le Alpi. Ma non riesco. E non capisco perché. Forse perché uno senza memoria come me, dovrebbe ribellarsi solo al suo inconscio che lo tiene aggrappato ad un mondo che non riconosce mai. Perché non se lo ricorda, appunto. O forse semplicemente perché temo ogni volta di non poter farcela e mi fermo sempre un po' prima. E' inutile: ho un cuore da Bernadette e un'anima da Gengis Khan. Va da sé, che la parte che odio i più è quella pulsante. Sono ateo: che me ne faccio dentro di me di una pastorella che ha visto la Madonna? Il problema che sono anche pusillanime e blocco incondizionatamente anche il mio imperatore. La giusta soluzione sarebbe spostare Lourdes in Mongolia. Madonna permettendo. Nano nano

mercoledì, marzo 10, 2010

Gente comune

Domenica notte. Esco dal lavoro alla una, come dicono qui a Milano. Ho voglia di bere qualcosa, non ho voglia di andare a casa. Vado al Plastic a ritemprarmi un po'. Vado al Plastic a a sognare un mondo migliore. Vado al Plastic a rilassarmi. Naturalmente non mi ritempro, non sogno e non mi rilasso. Ma questo è un discorso diverso. Sono lì, con il mio gin tonic in mano, e con la voglia di essere altrove gelosamente nascosta nella mia tasca, quando davanti a me un ragazzotto digita sul suo cellulare il seguente messaggio: "Un mondo pieno di gente comune che vuole diventare famosa è una merda, un mondo dove gente famosa è comune è il posto ideale dove vivere". Una cosa del genere. Il mio primo pensiero è che stia parlando di me. Sono ego-riferito-timido anche tra luci psichedeliche e bum bum bum. Il secondo è capire se nella prima parte o nella seconda. Il terzo non è un pensiero ma una certezza: il tizio è un imbecille. Io avrei scritto così: "Un mondo pieno di gente comune è una merda. Un mondo pieno di gente pensante e vivente è un mondo ideale dove vivere. Ragazze... in camera..." Nano nano.
(nella foto lì in mezzo Mary Tyler Moore attrice dell'omonimo telefilm e interprete del film Gente Comune)