lunedì, dicembre 27, 2010

Il giusto precius

Vanity dice che lui è l'amico di Lady Gaga. Si racconta che è stato beccato a Milano all'Atomic: "Dalla porta entra un ragazzo bellissimo: alto. capelli biondi e occhi blu. Porta una giacca vistosa, leggins d'oro e scarpe da donna. Non è una trans, è solo truccato meglio di tutti". E' una via di mezzo tra Rupert Everett, quando però era figo vero, e Andrea Raviola un mio conoscente ex Coniglio Viola. Assomiglia a loro. Lui è il leader dei Semi Precius Weapons. E disegna gioielli. Bene. Nano nano

venerdì, dicembre 24, 2010

Buon Natale?

Il ricordo più vivido che ho sui bigliettini di Natale è il seguente: sono a casa mia con mia madre e mia sorella, quella vera non quella nell'arte e nella vita, loro stanno parlano non so di cosa, mi ricordo che era giorno e io avrò avuto 14 o 15 anni. Ad un certo punto io interrompo il loro fiume di parole inutili per dire: "Ho pensato che quest'anno invece del semplice Buon Natale ci metto un punto interrogativo. Del tipo: ma sarà proprio un buon Natale?". Silenzio. Sguardi simulanti una sorta di disapprovazione e poi mia sorella che dice: "Ma cosa vuol dire? Il Buon Natale è un augurio, mica una domanda". E io: "Davvero?". Stop. Non ho ovviamente mai messo nessun punto interrogativo sugli orridi bigliettini natalizi, ma ogni volta che ci si avvicina al 25 dicembre mi viene in mente quel mio dubbio mai dipanato. Ora, che sono diventato grande, non credo più a Babbo Natale come in Dio, continuo ad avere nella testa quel segno grafico che non ho mai avuto il coraggio di sbattere sul bianco del cartoncino. Con la certezza però che quando mi riconvertirò al cattolicesimo lo farò. Nano nano.

lunedì, dicembre 20, 2010

El mundo


"...La locura no era mas que un desplazamiento dentro de la vita,una manifestacion de la logica misterioda de la cual formabamos parte. El error era interiorizarla como un problema..." "...Por esto veiamos muertos donde solo habia desplazamientos de la vida..." Lui si chiama Juan José Millas, il libro in questione El mundo. Io mi chiamo penaepanico e chissà se ci sarà mai un libro in questione. Nano nano

giovedì, dicembre 16, 2010

Dove sei?


Non c’è nessun punto che mi faccia uscire da qui. Fermo mi limito a pensare alle cose che vorrei mandare oltre il mare. Ma non ce la faccio. Mancano i punti di contatto che mi facciano andare via. I punti contatto… Cambiano ma sono sempre gli stessi. Si modificano, ma alla fine servono sempre nella stessa maniera. Si trasformano per non farsi riconoscere ignari della loro debolezza. Dove sei? Non lo so. Io sono lì. Nano nano

giovedì, dicembre 09, 2010

Foto

Sto caricando le foto. Mattoni, posti, stanze, finestre, vetrate, scorci, sguardi... Cose che poi di colpo si interrompono lasciandoti solo. E di colpo poi ti accorgi che tutto è finito. Che quelle cose che credevi poter vivere per sempre non ci sono più. Non perché fossero importanti, è la vita bellezza, ma perché come il vento ti sono entrate nelle ossa e lì sono rimaste finché non ti sei scaldato. E le hai fatte tue. Appunto: arrivate, prese, fatte tue. Poi, però dimenticate. Come tutte le cose che smettono di appartenere a qualcun altro e diventano tue. Sì, dimenticate. In fondo succede sempre così: quando qualcosa comincia ad appartenerti, finisce di emozionarti e torna ad essere interessante solo quando smette di nuovo di essere tua. E' naturale. In un mondo di bulimia e di possesso. E' naturale in "un mondo cattivo senza pietà che nasconde dentro di sé un cuore selvaggio". Anche per i luoghi vale la stessa cosa. Solo chi ha grande coraggio ha la forza di fermarsi e di fare in modo che quei posti non entrino mai nelle ossa, non vengano mai scaldati, e restino lì tesi a farsi guardare. Solo così si amano per sempre e non se ne vanno mai. Neppure quando li fermi in una fotografia e li consumi con lo sguardo. Da vicino. Nano nano

mercoledì, dicembre 08, 2010

Lì fuori


Sono a Brno. Sono all'aeroporto. Sono. Che a volte potrebbe bastare. Fuori c'è la nebbia. Dentro tutto il resto. Guardo il bianco della luce che sa di opaco come l'alabastro, ma anche come la nebbia appunto. Ombre, figure deboli, profili affannati, silhouette che fanno fatica a trovare la loro forma. A Brno c'è la nebbia. Fuori. Dentro tutto il resto. Nano nano

sabato, novembre 27, 2010

Ci, emme, bi

Celia Cruz che mi invade dal computer, Ricky Martin che mi racconta la sua storia e Enzo Baldoni che mi fa venire la pelle d'oca. Mi aveva chiamato qualche anno prima di morire per complimentarsi per un articolo che avevo fatto su di lui e su una sua campagna pubblicitaria. Lo fanno in pochi. Lui è stato uno di questi. Oggi va così: emozioni che salgono, pensieri che non riescono più a stare sotto la coltre di nuvole, lacrime che non hanno bisogno di scendere perché non c'è nessuna ragione se non quella della vita. "E' la vita bellezza", altro che la stampa. Oggi va così. Oggi ho voglia di essere altrove e farmi coccolare dalla voglia di essere qui. Mi capita spesso ultimamente. Nano nano

lunedì, novembre 22, 2010

Odio la gente

"... Io non sono normale, odio, odio babbo natale, me la prendo con tutti e per niente e ce l'ho con la gente. Io non sono normale ...". E' così. Odio la gente. La detesto. Soprattutto quando parla italiano, soprattutto quando dentro di sé batte un cuore evasore. Fiscale, naturalmente. Odio l'arroganza intrinseca nelle frasi di cortesia che di gentile hanno poco e sanno, al contrario, di sopraffazione. Predominio che, è inutile dirlo, si sgonfia con un soffio flebile e deboluccio. Odio la gente che domina a suon di voce alta i decibel di qualsiasi spazio pubblico occupato. Per altro per quel che penso io, sempre abusivamente. E non importa cosa si dice. L'importante è dirlo. Un po' come i nostri tiggì. Non è importante quello che trasmettono è importante trasmettere, occupare quella mezz'ora di palinsesto che va dalle 20 alle 20,30 senza farsi troppe domande. Senza fars sì, meglio, che la gente si faccia troppe domande. Eccallà. Ci risiamo. Altro che gente di mare. Noi siamo gente di tivù. Facile da odiare. Forza Italia. Nano nano

mercoledì, novembre 10, 2010

Non siamo Lady Gaga

Noi non siamo Lady Gaga. Qui di Stefani Joanne Angelina Germanotta non se ne vede l'aria. Qui al massimo ci si fa un cargo di Vittorie (Michele e Brambille) tutte a tavolino per altro. Qui di rockettare dalle movenze plastificate e dalle spalline rotanti, che ricordano un po' Goldrake un po' Joan Collins quando si calava nei panni anfetaminici di Alexis Carrington non se ne vede l'ombra. Qui da noi il talento che sa di sedute evitate dallo psicanalista e movimentati dialoghi con il proprio io, non lascia il segno. Al limite solo se passa dal chirurgo plastico e se è posizionato all'altezza dei capezzoli. Lì di talento gonfiato ce n'è a iosa. Noi non siamo Lady Gaga. Noi non possiamo disturbare. Possiamo intrattenere, ma non disturbare. Intrattenere senza fare troppe domande, senza apparire troppo e soprattutto senza stimolare nessuna prurigine nei telespettatori addolorati, a loro insaputa, per la perdita di sé stessi. Lady Gaga da noi non esiste, non può esistere si farebbe del male a correre sui suoi zatteroni luminescenti per scappare all'ipocrisia. Lady Gaga è un miraggio per noi che siamo assuefatti da madonne non necessariamente canterine e santi che ci proteggono spiaccicati sui muri, avvolti in fogge e colori da far impallidire il suo guardaroba. Ma quelli hanno l'aureola sulla testa non l'ossigeno che li fa biondi platino. Non scherziamo. Noi non siamo Lady Gaga. Noi non vogliamo inebriarci di nulla, a noi il nulla fa paura a meno che sia griffato. Noi non siamo Lady Gaga con le sue canzoncine patetiche e le sue cotonature stonate a differenza di lei. Noi non siamo Lady Gaga. Purtroppo. Nano Nano

mercoledì, ottobre 20, 2010

Quella cosa lì

L'idea è semplice. La fotografia è istantanea. Il quadro che ne viene fuori immediato. Eccolo: Montenapoleone, per esempio, una vetrina dopo l'altra, tanta merce esposta, tante luci che ti toccano per conquistare la tua disattenzione. Ti vogliono, ti amano, ti promettono soddisfazione eterna. Ma a te tutto quello che vedi non ti interessa. Tu cerchi quello che lì non c'è: un ermellino imbambolato verso un paio di decoltè, una gonna stropicciata che guarda incuriosita un sofà da sprimacciare. Appunto. Quello che non c'è. Ecco, l'amore è quella cosa lì: può essere tutto, la cosa più desiderabile del mondo, la più ambita, la più ricercata, la più idolatrata. Ma se tu non cerchi quella, la vetrina tirata a lucido delle viuzze dei sartucoli della moda diventa un gigantesco mercato nel quale è inutile perderti. "Che cos'è l'amore? Tu chiedilo alla porta, alla guardarobiera nera e al suo romanzo rosa che sfoglia senza posa, al saluto riverente del peruviano dondolante che china il capo al lustro della settima polar". Appunto. Nano nano

venerdì, ottobre 01, 2010

Con lei

Io sto dalla sua parte. A prescindere. La scena è questa: sono in un paese della Bretagna di cui non mi ricordo il nome neppure se me lo si dice. Sono in un bar. Ho voglia di tè. Lo sto bevendo quando mi cade l'occhio su Voici, il settimanale di gossip più amato in Francia. Lo prendo, sfoglio, cerco di capire cosa si dce e commento. Nulla di nuovo, lo faccio sempre anche quando leggo una cartolina. Poi dopo varie minchiate su divi e divetti d'Oltralpe (ma anche un patetico reportage sui nostri reali) arriva lei: Chantal Biya, la first lady del Camerun. Me ne innamoro dopo un battito di ciglia. Non capisco subito, ci vuole un attimo per capire quello che vedo, per distinguere la sua zazzera dal resto della foto, per decifrare se si tratti di una caricatura o meno, per sapere se quelli lì di Voici mi stanno prendendo per il culo o meno. Quando però vedo lei (classe 1971) vestita Chanel, abbarbicata a Paris Hilton capisco che è tutto vero, che esiste, respira, parla, e soprattutto si pettina. Non è ancora chiaro se si phona con un reattore o meno. Bene. "Ragazze? In Camer...un". Nano nano

venerdì, settembre 10, 2010

Cross-eyed

"Te follaria hasta dejarte bizco". Questo, dice la leggenda, ha sussurrato all'orecchio di Javier Bardem un suo ammiratore. Questo, dico io, è quello che vorrei stampare sul suo torace. Stampare, non tatuare. Tatuare è un'azione che richiede troppo tempo. E quando si ha per le mani il Bardem di tempo non bisogna perderne."Ti scoperi fino a lasciarti strabico". Esatto. L'eroe delle Uova d'oro di Jamon Jamon è così. Il resto favolette da favelas per fare addormentare innocenti piccoletti a cui nessuno a mai dedicato neppure un secondo del proprio tempo. Non è importante che sia bravo, che abbia vinto un Oscar, che sia l'unico spagnolo rimasto senza una faccia plastificata su cui si è incollata un'aura internazionale. Non è importante avarlo visto nel film di Allen e aver capito di colpo la differenza che passa tra lui e gli altri. Appunto. non è importante. e' bene, invece, sapere che lui è da "follar hasta dejarlo bizco". Gli altri, qualsiasi altro, un' altra cosa. Ma non questa. Nano nano

venerdì, agosto 20, 2010

Ivo incluso

Ho pochi miti adolescenziali fuori dalle quattro ciabatte televisive e musicali. Pochi. Quelli che ho, li ho scoperti più tardi, ad adolescenza finita, evento caso mai accaduto. Tra questi c'è sicuramente Ivo Pitanguy il guru carioca della chirurgia estetica (oggi ottantaquatrenne) già citato su qualche sdraio di Copacabana, in qualche puerile discussione, di qualche flemmatica puntata delle mie telenovelas brasiliane preferite. In ordine: Agua Viva, Dancin' days e La schiava Isaura. Pitanguy è come una Ferrari: sarebbe capace (se lo desiderassi) di cacciarmi indietro di decenni, nel mio Back to the future personalizzato. Lui, con il suo nome esotico (io lo pronuncio Pitanghì), che mi immaginavo alle prese con dive e bonazze di ogni tipo, a dispensare correzioni e consigli come se piovesse. E sapere che i consigli elargiti avevano l'accento del carnevale mi eccitava mille. Almeno avevo la scusa di abbandonare la mia figura tra uccelli piumati, musica sudata e sambodrami peccaminosi. Pacchetto completo. Ivo incluso. Nano nano

giovedì, agosto 05, 2010

18 centimetri

Non voglio essere presuntuoso e neppure peccare di sicumera. Non sono il tipo. Parliamo un secondo di lui (e non di me): Francois Sagat il porno divo gay di cui mi sono invaghito qualche generazione fa è stato sdoganato e sta entrando, seppure in punta di piedi, nella Mecca del cinema. Al festival di Locarno è presente con due film: L.A. Zombie di Bruce LaBruce, film splatter porno hard gay e Man at bath di Christophe Honoré (con Chiara Mastroianni). L'avevo capito che il tipetto, nato da genitori francesi di origini slovacche (anche se io ho sempre creduto fosse un magrebino), aveva qualcosa di più dei suoi 18 centimeti da offrire. Lasciate fare a me... va... Nano nano

sabato, luglio 17, 2010

E.R.


"Si quieres que me vaya me lo dices, pero no me tengas ninguneandome de esta manera tan dolorosa día tras día tras día. Hombre por favor, tratar a tu madre como si fuera un deshecho, una piltrafa, una pordiosera, una menesterosa, una acochanbre. Eso cierrame la boca para que sufra hacía dentro y me salga un tumor en algún sitio"

"Amenabar me queria de porotagonista para Los Otros, pero no me gustó el guión. Ojo! Y yo le dije: "Alejandro esto va a ser un pelotazo". Que lo fue! Pero no me lo creo; Esa mujer viviendo en ese caseron victoriano nebuloso lleno de mierda. Claro, que para limpiar tanta habitación, con esos niños que no les podia dar el sol.. ¿Y porqué tenía un maniquí de Zara en el trastero? Y todavía le extranaba que su marido no volviera de la guerra"


"Y ¿qué quieres que haga? ¿Qué me pudra aquí en esta jaula de pladur viendo como languidece mi vagina, abandonada a su suerte como una anciana desdentada en un geriátrico?"


(Estela Reynolds)

mercoledì, luglio 07, 2010

Forza Spagna

Mai detto forze Germania. Mai detto di seppellirci. I blog sono in mano ai comunisti. Viva la Spagna, viva il re, viva Zapatero (ma anche Rajoy). Almeno fino al prossimo vaticinio del polipo Paul.

sabato, luglio 03, 2010

Forza Germania

A casa. Tutti a casa. Che almeno il calcio ristabilisca quelle quattro o cinque regolette di civiltà. Tutti a casa. Che vinca chi tira avanti la baracca, chi paga le tasse, chi non parcheggia sullo zebrato, chi a un minimo di rispetto per le leggi. Belle o brutte che siano. Migliorabili o meno che siano. Tutti a casa. Via. Mafiosettti, furbastri, turlupinatori, guitti e saltimbanchi di ogni genere: a casa. Lasciate che sul campo si sfidi chi, anche se perde, ha la faccia salva. Rapidamente, velocemente e senza fare troppo baccano. Non servono geremiadi stonate per convincerci che non è giusto così. A casa. A sistemare quello che c'è da sistemare, a spazzare via quello che c'è da spazzare via a ripulirsi coscienza e destino. Avanti la Germania, avanti l'Olanda. Che tutti gli altri si ritirino. Il contrappasso non funziona più: o si vince tutto o la sconfitta è definitiva, totale, disarmante, solitaria. E soprattutto final. Forza Germania, forza Olanda. Seppelliteci tutti, comprate le nostre terre, amministrate le nostre regioni, occupate il nostro parlamento, sotterrate con un rutto da birra i nostri politici. Tutti. Avete già eliminato i nostri impomatati soldatini dai tacchetti a spillo, cosa vi costa il resto. Fate di noi ciò che volete, ma fatelo. Salvateci dal ridicolo. Non è importante come. E' importante che lo facciate subito. Prima noi, poi i francesi, i greci, gli spagnoli, i portoghesi e quando avete finito qui, in questa metà di continente brizzolato e noioso, fate un salto oltre l'oceano e sbizzaritevi come potete. Lì c'è l'imbarazzo della scelta. Vi tocca. E non so ancora per quanto. Temo che prima o poi anche per voi arriverà la parola fine. Nel frattempo volate da noi. Seppelliteci. Per favore. Nano nano
(nella foto lo spagnolo Llorente)

martedì, giugno 29, 2010

Voli (questa volta veri)

Ora voglio capire di più dello Zeitgeist movement, che già mi aveva affascinato con i suoi film e con il progetto Venus. Mi piace l'idea di un mondo senza la schiavitù del denaro e delle religioni. Mi piacerebbe anche un mondo senza imbecilli pronti a dirci quello che dobbiamo fare. Mentre bellamente si fanno gli affari loro. I cazzi loro. Se può dì? Ormai l'ho detto. Sono ateo e detesto ogni forma di fede, anche se mi affascina l'Islam. Qualcuno ha detto: "sono i peggiori anni della nostra vita". Io aggiungerei: "un po' anche grazie a te". Io in fondo non penso che siano così brutti. Credo piuttosto che qualcuno ce li stia raccontando malissimo. Ma male male. E tra quel qualcuno forse ci sono anche io. Ma questo è un lungo discorso, che non ammette scuse (appunto, no excuse) ed è per questo che mi costa molto farlo per colpa delle mie bieche e subdole debolezze. Taricone se ne è andato. Lui. Mi dispiace. Io che sono cattivo, su quel paracadute avrei voluto qualcun altro. Ma Dio non esiste, e ci è capitato lui. Appunto. Nano nano
(nella foto: cadeau prima edizione Gf, serie limitata)

domenica, giugno 20, 2010

Voli

Muore un modello malato d'amore lasciando una finestra in viale Papiniano e finendo sul suolo bagnato del marciapiede sottostante. In Svezia, (W la Svezia) la futura regina Victoria sposa Daniel, il suo personal trainer proveniente (lo deduco io) dalla periferia si Stoccolma, bello e truzzo come un tronista mancato. Due favole interrotte dalla realtà: da una parte il triste epilogo di un ragazzo bello e famoso, dall'altra il lieto fine di un racconto per minorenni in crinoline e taffettà. Due storie sulle quali è piombata la parola fine. Nel primo caso per forza di cose, nel secondo per interesse. Da questo punto in poi la favola dei due principi non ci intrattiene più, a meno che non precipiti in un nuovo capitolo fatto di lacrime e maledizioni. Le stesse che hanno trascinato nel vuoto Tom Nicon, 22 anni. Inutile dirlo, io vorrei essere la principessa. Anche senza corona, a meno che non si tratti di birra. Nano nano. (Nella foto, Vittoria di Svezia e Daniel Westling)

giovedì, giugno 17, 2010

Siamo tutti un po' kulaki

Trame inesistenti che ci accompagnano per tutta la vita. Sono le nostre. Zygmunt Bauman compie 85 anni e su qualche magazine di settimana scorsa parla di "classificazioni, differenziazioni e segregazioni come strumenti collaudati della modernità per la trasformazione del mondo (...). Noi nella modernità abbiamo pensato bene di costruire delle società basate su una presunta armonia etica ed estetica. Gli esseri parassitari (ebrei e kulaki nella Russia di Stalin) li abbiamo eliminati (...). Ecco perché le classificazioni sono armi mortali". Detto questo non so chi siano i kulaki ma li trovo stupendi, giusto per il nome che hanno. Qui sta piovendo a dirotto e vorrei essere su un'isola ad ascoltare il mare. Peccato. Nano nano.
(nella foto : come mi immagino un kulako)

domenica, giugno 06, 2010

La storia l'assolverà...

"Alla corte del re / tutti al party in deshabille' / per formalita' / regna la banalita' / a meta' fra misteri e santita'... / e la curiosita'... la svezia... / alla corte del re / gran signore, tous les noblesse / come novita' / ecco arrivano le super-stars / a meta' di una falsa verita' / e la celebrita'... la svezia... evviva la svezia / viva la svezia... / come nelle favole / le sirene salgono dal mare / le altre, donne di cartone / dai colori di isole lontane / per provare l'emozione / di una storia d'amore / in culo alla tradizione e... alla svezia... / ... la svezia... evviva la svezia / ... la svezia... / ... la svezia... la svezia... / la svezia... la svezia... viva la svezia...". Nano nano

venerdì, maggio 28, 2010

Pena e Panico rosso Fidel


Nasce così... esattamente così... Io con loro due piccoli e dolcissimi come non lo saranno mai più nella loro vita, che ci guardiamo Hercules in videocassetta. Poi, l'innamoramento verso Ade, Pena e Panico e la scena di lui furente per i successi del forzuto e i due poveretti che indossano il suo merchandising. Quante volte l'abbiamo vista noi tre e quante volte l'abbiamo ripetuta. Pochi giorni fa ho ritrovato questa scena su Youtube per caso e sono tornato ad almeno una decina di anni fa. Forse non proprio dieci , ma otto tutti. Comunque sia, questo blog si chiama così grazie ad un cartoon della Walt Disney. E per me che sono un vetero comunista castrista convinto che Cuba non sia la California ma nemmeno l'inferno, non è bellissimo. Lo stesso me lo sono abbondantemente perdonato. Come tante altre cose del resto. Tipo odiare l'estate, detestare la programmazione delle ferie e pensare a cosa farò tra due, cinque, sette settimane. Tutto mi sto perdonando. Come fossi un'offerta "all inclusive". Quando non mi rimarrà più nulla di cui pentirmi chissà cosa succederà. Magari me ne renderò conto alla prima crociera sul mediterraneo, o mentre ballerò la lambada con qualche Geo pagato dal club Med. A quel punto tanto Cuba sarà solo un ricordo, Castro uno dei tanti morti e io zitto zitto mi perdonerò anche la mia anima snob rosso Fidel. Hasta la victoria siempre. Nano nano

lunedì, maggio 24, 2010

domenica, maggio 23, 2010

Internazionale

Milano è esplosa per la sua Internazionale. Milano ha rotto il silenzio e lo ha scaraventato a terra sotto fischi e trombette. Milano è uscita di casa dimenticando per un attimo neri, rom e lotte tra gang di sud americani. Milano è tornata a vivere grazie ad un pallone di calcio e ad un allenatore che odia, e come biasimarlo, l'Italia. Milano è scesa in strada e io mi sono trovato a dietro un'automobile di muscoli tesi e bandiere sventolanti che fuoriuscivano dai finestrini col dubbio che fossi capitato giusto al seguito dell'unico fan club gay di nerazzurri dell'universo. Peccato che al primo semaforo abbiano girato a sinistra, mentre io meditabondo e impavido andavo in direzione centro a bordo della mia motoretta. Meditavo sulla festa che non può appartenermi visto che con il calcio mi sciacquo i maroni e a cui non posso essere interessato perché detesto i tifosi. Eppure il branco, quel branco fatto da profili per nulla muliebri mi affascina più di quanto mi affascinassero ai tempi i saldi di Zara. Lo trovo meravigliosamente limpido e di facile lettura tanto che basterebbe mettersi fuori da uno stadio per capire la natura umana, farci pace e cominciare a conviverci sereni. L'uomo in fondo è basic, come una linea secondaria di una qualunque griffe o l'istinto di Catherine Tramell. Lì, attaccato alle urla che sonno di grida, agli sguardi torvi sotto sopracciglia pinzettate, a mutande di lycra che esplodono sopra la vita dei pantaloni. E io mentre mi perdevo in tutto questo e osservavo felice l'umanità ululante mi chiedevo: "Perché non riusciamo a liberarci di te?" Nano nano

domenica, maggio 09, 2010

Due verrebbe da dire

Tokyo è un bbomba. Due verrebbe da dire. E anche atomiche. Ma non lo diciamo non sta bene. Che meraviglia. Tokyo è da quando ho 16 anni che è nella mia testa. Ora finalmente anche nelle mie retine, tra le mie sinapsi, sulle mie mani. Mia sorella nell'arte e nella vita era lì con me ad ubriacarsi di occhi a mandorla, folla, sashimi e luce. Quella che arriva prima perché è ad oriente. E' da quando mio fratello, quello vero, ha portato a casa dei miei un suo amico giapponese con moglie e figlia appresso, siamo ad inizi anni ottanta che voglio andare lì. Lì, tra bar ai 42esimi piani e sabbia, fili di perla e jeans alle ginocchia, serpenti di vie e metropolitane gridanti. Tokyo è una follia ordinata e silenziosa dove le stranezze aspettano in fila il loro turno. Come se fossero dal salumiere: "Prego il 31, che desidera?" Tokyo è quella cosa qui. Anche quella cosa qui. Peccato che io odi le foto. E ami Tokyo. Paradossi del comportamento umano. Nano nano

giovedì, aprile 29, 2010

Vostra moglie

"Riferite a vostra moglie che io la amo come prima, e che se non riesce a perdonare la mia situazione, le auguro di non perdonarmi mai. Per perdonarmi bisogna aver passato quel che ho passato io, e Dio la salvi da questo" (Lev Tolstòj, Anna Karénina). Così, tanto per scrivere qualcosa di intelligente, che n'America se lo sognano. Nano nano.
(nella foto Kim Kardashian, la Paris in salsa moretta)

martedì, aprile 20, 2010

I miei unici 15 anni

"Hai un fisico da quindicenne". Istintivamente penso sia la cosa più bella che mi abbiano mai detto. Poi, se ci rifletto un secondo, mi sento un coglione perduto nel loop della tonicità. Sta di fatto che me l'hanno detto e quindi, come dice il mio piccolo amico, "bom". Oggi c'è il sole, oggi qualcuno altre il Carso compie gli anni, oggi mi va di essere così più vuoto del normale. Ma posso non dirlo tanto nessuno se ne accorge avendo 15 anni. E' normale essere vuoti se si ha 15 anni. Vorrei che lo capissero anche all'anagrafe. Vorrei. Nano nano
(nella foto il mio programma preferito quando avevo 15 anni)

giovedì, aprile 08, 2010

Io e Kierke

"Perché chi spera sempre il meglio invecchia tradito dalla vita; chi si dispone sempre al peggio è presto consunto; ma chi crede serba un'eterna giovinezza". Lo dice Kierkegaard. Io credo solo allo sciopero dei treni. Ma forse basta, il vecchio Soren, con la "o" con sopra i due puntini (ma anche con la stanghetta che la divide in due), parla di "credere" mica ti dice in che cosa. Quindi, forse sono salvo. Anche se in questi giorni a dire la verità mi sento più vicino alla storia del tradimento. Sì, sto leggendo Kierke, chiamiamolo familiarmente così. Non che si capisca facilmente ma chissenefrega, non capisco neppure metà delle mie azioni, cosa vuoi che sia non capire un filosofo danese. Comunque, lo sto leggendo al parco, con l'occhietto vigile e le orecchio sintonizzate su chiunque mi faccia sorridere. Ieri un ragazzino di 20 anni circa, bello che in America se lo sognano, parlando con due tizie abbordate 5 minuti prima, chiede a una di loro: "Quindi preferisci l'uomo trentenne con più esperienza". Sì, così: "l'uomo trentenne con più esperienza". A 40 si è fuori definitivamente dal giro. E punto. Ho preso un badile e mi sono scavato la fossa, tra l'indifferenza dei più. Ovviamente. Odio le rughe. Nano nano.
(nella foto, il trentenne con esperienza Andrés Velencoso)

martedì, marzo 30, 2010

Rickyone


"(...) Ha sido un proceso muy intenso, angustiante y doloroso pero también liberador. Les juro que cada palabra que están leyendo aquí nace de amor, purificación, fortaleza, aceptación y desprendimiento. Que escribir estas líneas es el acercamiento a mi paz interna, parte vital de mi evolución. Hoy ACEPTO MI HOMOSEXUALIDAD como un regalo que me da la vida. ¡Me siento bendecido de ser quien soy!"
Richy Martin

mercoledì, marzo 24, 2010

Che voglia di botox

La storia è un po' come quella del post precedente. Sono nello spogliatoio della mia palestra. Mi sono docciato, phonato, profumato e vestito. Sono pronto per crogiolarmi nel mio tempo libero meneghino. Sono le 15,30 del pomeriggio. Prima di respirare aria pura e non un mix di sudore, umidità e marciume tipico dei vestiaire delle palestre, soprattutto se posizionati come il mio nel seminterrato, anzi nel sotterraneo, dello stabile, devo fare una rampa di scale. Sono pronto. I miei glutei già sodi e allenati sanno cosa li aspetta: una quindicina di gradini o poco più. Ma prima della solita una signora, lì ferma e impalata, mi dice: "Scusi giovanotto, stavo giusto aspettando che passasse un ragazzo, ma finora ho visto solo donne, mi può dare una mano con il trolley? Sa vengo in palestra per curare la schiena e non mi conviene trasportare pesi". In realtà cosa abbia detto dopo la parola "ragazzo" non l'ho capito di preciso, la mia estasi ha raggiunto il culmine con quella parola, l'apogeo, il fastigio, l'acme, la sommità, la cima. E' anni che non vengo chiamato "ragazzo", è anni che i bastardelli brufolosi con cui entro in contatto per sbaglio, mi chiamano "signore". Per cui ho mostrato il mio sorriso a denti in poppa e via. Ho sollevato il trolley, l'ho portato in vetta e l'ho persino ringraziata. Io. "Grazie mille signora, buona giornata", le devo aver detto. Che voglia di botox. Nano nano.
(foto di Alessio Tini)

lunedì, marzo 22, 2010

Cassa catartica


Amo la gente che mi meraviglia. Amo la gente che mi mette a ko. Amo la gente che se ne fotte della mia alterigia d'ovatta e mi spiazza senza pietà. Esselunga, il supermercato de Milan, ore 19.50. Sono alla cassa. Il cassiere un cesso lento e senza perché. Io impaziente ma temerario rigido nella mia attesa da Tamburino di latta. E' tutto dentro. Fuori solo sguardi adamantini fermi come una contonatura di Lady Gaga. Nessuno può capire la mia noia, lì, alla cassa ad aspettare che un operaio della fame scansioni i codici a barre, in attesa del mio turno. Sono un demonio travestito da uomo freddo, asettico, insopportabile. Lo faccio apposta, voglio che il cassiere dal mento lungo e dai denti frastagliati sparisca soffocato dai sacchetti che distribuisce copiosi.Tocca a me. Io non mi concedo nessuna smorfia se non quella riflettente e di cera che ho da quando è iniziato la sua coda. Perché se la cassa è sua, lo deve essere anche la coda. no? Arrivo davanti a lui taciturno e insensibile. Ma lui non ci crede e mi dice: "Sei solo stanco o oggi è proprio una giornata da muso lungo?". Di colpo la catarsi, di colpo il sorriso, di colpo la pace tra me e il mio involucro. Ho iniziato a fare chiacchiera, ad essere simpatico, cordiale, pieno di attenzioni verso il cassiere che mi ha dato del "tu" e che ha spazzato via con una frase la coltre di mediacrità che mi sta separando dagli altri. Amo che non si ferma alla pena e arriva dritto al panico. In sintesi. Nano nano

giovedì, marzo 18, 2010

La pastorella che ha visto la Madonna

Ho solo un dubbio: la mia anima bolscevica mi rende insostenibile anche nella mia sicumera da mancato coito ribelle. Vorrei esserlo. Di più. Vorrei vivere la ribellione per respirarne la sua essenza. Invece ho sempre la sensazione di vivere impregnato di assenza, intollerabile assenza di tutto. Quasi tutto. Ovviamente. Vorrei essere un ribelle, l'ho già scritto da qualche parte, per distruggere questa insostenibile leggerezza del dire. A forza di piattume in questo paese crivellato dalla mediocrità stanno per scomparire anche le Alpi. Ma non riesco. E non capisco perché. Forse perché uno senza memoria come me, dovrebbe ribellarsi solo al suo inconscio che lo tiene aggrappato ad un mondo che non riconosce mai. Perché non se lo ricorda, appunto. O forse semplicemente perché temo ogni volta di non poter farcela e mi fermo sempre un po' prima. E' inutile: ho un cuore da Bernadette e un'anima da Gengis Khan. Va da sé, che la parte che odio i più è quella pulsante. Sono ateo: che me ne faccio dentro di me di una pastorella che ha visto la Madonna? Il problema che sono anche pusillanime e blocco incondizionatamente anche il mio imperatore. La giusta soluzione sarebbe spostare Lourdes in Mongolia. Madonna permettendo. Nano nano

mercoledì, marzo 10, 2010

Gente comune

Domenica notte. Esco dal lavoro alla una, come dicono qui a Milano. Ho voglia di bere qualcosa, non ho voglia di andare a casa. Vado al Plastic a ritemprarmi un po'. Vado al Plastic a a sognare un mondo migliore. Vado al Plastic a rilassarmi. Naturalmente non mi ritempro, non sogno e non mi rilasso. Ma questo è un discorso diverso. Sono lì, con il mio gin tonic in mano, e con la voglia di essere altrove gelosamente nascosta nella mia tasca, quando davanti a me un ragazzotto digita sul suo cellulare il seguente messaggio: "Un mondo pieno di gente comune che vuole diventare famosa è una merda, un mondo dove gente famosa è comune è il posto ideale dove vivere". Una cosa del genere. Il mio primo pensiero è che stia parlando di me. Sono ego-riferito-timido anche tra luci psichedeliche e bum bum bum. Il secondo è capire se nella prima parte o nella seconda. Il terzo non è un pensiero ma una certezza: il tizio è un imbecille. Io avrei scritto così: "Un mondo pieno di gente comune è una merda. Un mondo pieno di gente pensante e vivente è un mondo ideale dove vivere. Ragazze... in camera..." Nano nano.
(nella foto lì in mezzo Mary Tyler Moore attrice dell'omonimo telefilm e interprete del film Gente Comune)

lunedì, febbraio 22, 2010

Carretta del mare


"C'era una volta un piccolo naviglio
che non poteva non poteva navigar,
era lontano dalla riva un miglio,
vedeva il porto e non poteva più approdar.

Eppure a posto avea tutti gli attrezzi
compreso chiglia ed il timon,
ma dagli e pesta non trovavan mezzi
per far marciare quel balordo carcasson.

E dopo una, due, tre,
quattro, cinque, sei, sette settimane,
nessun riusci a capir perchè
senza più esitar si rimise a navigar.

Le bianche vele, fiocchi e pappafichi
sciolsero tosto i marinar
e il capitano dai mustacchi antichi
salì sul ponte, la sua nave a comandar.

Quando il nostromo racconta
questa leggenda del mar,
tutti in silenzio stanno ad ascoltar
senza nemmeno fiatar.

Tremando, brilla lucente
l'occhio cercando laggiù,
dove nel nulla si perde il mar blu,
un sogno che non torna più."

Nano nano

sabato, febbraio 20, 2010

Un po' Oprah, un po' Brad....

Ogni tanto cado nei miei labirinti senza passione (a differenza di quelli di Pedro Almodovar) e mi ritiro silenzioso (ma con cellulare, Mac, portatile e fisso appresso) nei miei appartamenti. Sta succedendo praticamente da tre settimane. Giorni in cui non ho voglia di uscire se non so a fare che. Praticamente mi sono rotto la minchia (se può dì?) di spararmi serate al bar a cercare di capire il perchè delle cagate che sparano gli altri, non me ne fotte un benemerito cazzo. Detto questo si apre il dibattito sul come affrontare le ore della giornata, i glutei che si abbassano, la pelle che si increspa come l'adriatico attaccato dalla bora, il cervello che si inchioda di fronte all'imbecillità altrui, i miei inviti patetici, eccetera, eccetera, eccetera. Quisquiglie per chi, più intelligentemente di me, ad un certo punto si è arreso e ha capito che "comunque vada in due è meglio". Domanda: quindi ora che faccio? Resisto nella certezza che la storia mi assoverà? Cambio strada nella speranza che passi un tir? Me la tiro come ho sempre fatto pensando di essere un po' Oprah (de carità) un po' Brad, un po' Miguel, un po' Lola? Oppure apro un dibattito coinvolgendo i miei nanetti? La risposta che ho sulla bocca è la sigla di un partito politico. Se ve posso esser d'aiuto... Buona camicia a tutti

giovedì, febbraio 11, 2010

Dolore puro

Ho pianto perché c'era la tristezza, ma anche tanta allegria. Ho pianto perché lì c'era la vita con tutte le sue facce. Ho pianto perchè lì si amava davvero. Ho pianto perché il dolore si vedeva. Ho pianto perché c'era anche la purezza del dolore. Ho pianto perché lei era bellissima. Ho pianto perché in fondo le loro storie non li hanno cambiati. Ho pianto perché i sentimenti erano chiari e ben evidenti. Ho pianto perché lì non c'era paura. Ho pianto perché mi andava di piangere. La prima cosa bella è bella davvero. Un appunto: perché i registi italiani non emigrano in Afghanistan e non si perdono in qualche grotta clandestina in mano ai talebani? Ne salviamo solo uno. Basta e avanza. Nano nano

martedì, febbraio 09, 2010

Quello è....

"Amleto Amleto io sono il pallido prence danese, che parla poco, che veste a nero, che si diverte nelle contese". Sì, ripeto la mia parte a memoria e via si va a recitare. Drante il mio corso di teatro sono Amleto, sono lo Scarafaggio sono tante altre cose oltre al solito idiota. Se tornassi indietro partirei da qui. Se tornassi indietro correrei veloce su un mondo di cose. Se tornassi indietro giocherei fino ai 29 anni, mi innamorerei a 30 anni e smetterei di amare a 40, per poi tornare ad amare a 43 questa volta per sempre. Così. Se tornassi indietro mi stamperei sulla fronte generazione anni '80, così giusto per un orgoglio trattenuto per troppo tempo. Se tornassi indietro chiederei a Giorgio Gaber perché la Colli è passata dal cantare La Balilla a sparare minchiate dietro un nano trans. Poi magari non mi farei conciare i capelli come qualche volta mi hanno conciato e metterei sulla testa meno gel, lacca e spuma. Per il resto non ho rimpianti. Solo rimorsi. O è il contrario? Boh, non mi ricordo mai. Comunque quello è... Nano nano

venerdì, febbraio 05, 2010

Puzzle di Facebook

Facebook è un po' come gli occhi della gente. Se questi sono lo specchio dell'anima, il social network lo è della solitudine. "Esisto, ma gli altri non mi vedono, vado su Facebook e impogo la mia presenza. Così ci sono per tutti". Una cosa semplice che un qualsiasi buon psicoterapeuta scopre nei primi 5 minuti della prima seduta. Un giochetto plymobil dagli zero ai tre mesi, per intenderci ancora meglio. Eppure la pagine del maledetto social network che sta confondendo più di una gernerazione, pullula di richiami contro la solitudine interiore a più non posso. Gente che butta lì frasi che chiedono solo ed esclusivamente una cosa: "mi parlate?" e che trascinano l'intero mondo fatto di tanti io in un fondo marino plumbeo, pieno di relitti tirati a lucido prossimi alla decomposizione. Prossimi. Ma nessuno se ne accorge perché tutti sono nella stessa situazione scissi tra un qualcosa di se che gli altri non percepiscono perché confuso e contrito e quello che invece passa nella quotidiana socialità. Per esempio: "Giornata confusa tra un sì e un forse", diventerebbe più semplicemente: "Passi a ripassarmi o devo chiedere a qualcun altro?". Oppure: "Impalpabili risposte", sarebbe "Quando parli non si capisce un cazzo, poi disintegrarti?". E ancora: "Felice e sorridente affronto una nuova giornata" al posto di: "Bello, mi hai mollato sono a pezzi ma piuttosto di fartelo sapere, mi infilo in una scatola, divento un puzzle in attesa che qualcuno mi riscostruisca". Cose di questo genere. Il male del mondo oltre alle madri e alla famiglia è l'ipocrisia. Tre cose per altro strettamente collegate. Nano nano.
(nella foto, il puzzle che vorrei)

venerdì, gennaio 22, 2010

Nel bagno del cinema

A me è sembrato una colossale stronzata. Non voglio fare quello che trova tutto ciò che è popolare, estremamente popolare, assolutamente popolare, definitivamente popolare, iperbolicamente popolare una minchiata. Non voglio fare quello. Ma lo farò... Le circostanze mi obbligano. Avatar. Che baracconata è? Gli effetti sono una bbomba, ho capito, ma non è che uno si sceglie l'automobile solo perché i fari e il cruscotto fanno paura da quanto sono belli (come ho fatto io, del resto). Gli effetti sono una bbomba, ma per goderteli tutti basta quell'oretta scarsa, non il doppio e più del tempo. Gli effetti sono una bbomba, ma vedere i nordamericani che si autoproclamano i cattivi del mondo, è troppo anche per un veterocastrista come me. Gli effetti sono una bbomba, ma la trama è un petardo con la miccia umida che non esplode mai. Gli effetti sono una bbomba, ma Sigourney Weaver se deve andare nello spazio, deve essere e rimanere per sempre Ellen Ripley, non una sciacqua di scienziata fredda e insignificante come.... come... come... Esatto, abbiamo capito. Gli effetti sono una bbomba, ma la retorica su madre natura, ti fa venir voglia di lasciare i rubinetti dell'acqua aperti per cinque giorni di seguito. Così, tanto per provocarla un po'. Gli effetti sono una bbomba, ma il cattivo munito di cicatrici sulla testa, ghigno bastardo e muscoli ad oltranza, ti fa rimpiangere Sylvester Stallone quando faceva uno dei suoi Rambo. Gli effetti sono una bbomba, ma anche quando ho visto tre generazioni fa lo Squalo3-D (lo giuro, avrò avuto 16 anni) ero rimasto a bocca aperta. E vi assicuro non ero nel bagno del cinema. Nano nano

giovedì, gennaio 14, 2010

Saldi per Dio

Dio non esiste. Lo dico da anni. Decenni. Generazioni. Se esistesse e se fosse stato obbligato da cause maggiori, universali, stellari, metaplanetarie, a scagliare sulla terra un terremoto non avrebbe scelto Haiti. Magari San Francisco, lì si sa che ci sono le faglie inquiete e lo stesso si è costruita una conurbazione immensa. Come dire: "Allora voi umani siete proprio coglioni". No, ma ad Haiti no. Haiti dovrebbe godere di una sorta di "diritto all'oblio in caso di catastrofe". Haiti non avvrebbe dovuto essere considerata neppure se la scelta fosse stata tra terra e paradiso. Dio avrebbe dovuto dire, in questo caso: "Ok che il terremoto travolga l'Eden. Due mele in testa cosa vuoi che siano", una cosa di questo genere. E invece tutto questo non è successo. Tutto questo non è accaduto. Tutto questo non si è verificato. Haiti si è polverizzata sopra una scossa di terremoto che ha devastato una delle popolazioni più povere al mondo. Dio non esiste. Lo dico da anni. Decenni. Generazioni. E se per caso mi sbagliassi, butto lì il mio solito umile consiglio: "Ce so i saldi, Dio svagate, fatte un po' de shopping va....". Almeno per tre o quattro giorni l'umanità respirerebbe. Nano nano

mercoledì, gennaio 06, 2010

Le storie siamo noi

La mia ultima idea è quella di aprire una pagina su Facebook dal titolo: Vivi solo? Così in modo tale di creare online un gruppetto di gente libera anche di notte per poter addormentare le nostalgie e le solitudini lunari qualora queste si presentino (sto parlando come Bonolis lo so). Se questa è la mia ultima idea immaginiamoci la penultima, la terzultima e via discorrendo. Vorrei sposarmi. L'ho decis o ieri. Uno stretto conoscente che ha un blog tutto suo, ci stavamo parlando via messanger, mi dice: "Che ne pensi di questo mio nuovo collaboratore spagnolo...bla bla bla ". Io: "Mi sembra bravo, scrive bene bla bla bla". Lui: "E' sposato da due anni bla bla bla ". Io: "Ma dai con chi?" Lui: "Con il suo fidanzato". E da quel momento, io che detesto coppie e famiglie, mi sono visto in una casa a Madrid, bianca, luminosa e con i soffitti alti, a godermi sul divano sotto la copertina da La que se avecina (la mia sitcom cult) passando per Gran Hermano e Operacion Triunfo indifferentemente. Ovviamente non solo, ovviamente con una vera al dito, ovviamente con le fotografie del nostro matrimonio inserite in preziose cornici d'argento esposte su credenze antiche da farmi, ora solo all'idea, accapponare la pelle. Ma non è il risultato quello che conta ma ciò che ci sta dietro. La storia siamo noi. Le storie siamo noi. Ecco bene, dateme un sussidiario va che se comincia a ripassà. Nano nano
(nella foto, parte del cast de La que se avecina)