martedì, novembre 27, 2012

La foto

La foto è questa: tu fermo sulle scale e io che non riesco ad abbracciarti. Non ce la faccio. Le mie braccia sono ferme, immobili. Ti guardo, ma il mio cuore non palpita più come vorrei io. Il sangue non viene pompato da nessuna parte e quindi tutto rime com'è. Si è rotto qualcosa sento, dentro di me. Il motivo mi sfugge. Forse un tuo sguardo, una tua parola, una tua fuga, una tua domanda trattenuta. Qualcosa che non mi è andato. Qualcosa che ha bloccato il mio entusiasmo, il mio fiume in piena, la mia diga. E quando il fiume si ferma per me è finita. Fatico a ricominciare a credere. Anche a me stesso. Purtroppo. Nano nano

martedì, novembre 20, 2012

Oggi so di California


Tra Bodega Bay e Tiburon Oggi sono lì. I mie pensieri sanno di valigia umida e scarpe strette. Di una lingua che vorrei fosse mia e di un'altra che non riesco a dimenticare. Pensieri che vengono avanti timidi, impacciati, consci di essere ripetitivi. Per questo teneri nella loro programmatica fantasia distruttiva. Bodega Bay hanno girato un film. Tiburon mi porta invece ad una stupida canzone, che non so neppure se esiste. Mi vedo in California alle prese con il vento e con qualcosa che devo fissare forte per paura che altrimenti voli via lontano. Mi vedo dentro una cerata con la mani che sanno di lavoro e le rughe sulla pelle che sanno di natura. Non di smog. Mi vedo solo che aspetto qualcuno che non torna da un posto nebbioso dove le vetrine ti portano via. Arriva e comincia il nostro mondo. Fatto di cose nostre. Bodega Bay e Tiburon. Oggi so di California. Nano nano

venerdì, settembre 28, 2012

l'onda

 L'onda è li ferma, pronta a travolgermi. A portarmi con lei. Mi piace quest'onda. Mi piace il suo sapore dolce che sa di incenso. Mi piace il suo sguardo che non riesco a capire. Lo guardo. Lo sguardo. Mi vorrei perdere dentro. Ma come sempre sono fermo. Penso. Voglio. Sogno. Mi vedo. Poi di colpo ancora una volta il buio e una mano che mi sveglia. Piano. L'onda è vicino a me. Mi sorride. Il mio cuore comincia a scaldarmi. Forte. Fa caldo. E ho voglia di una sua poesia. Non è per me. Non importa. Arriva a me. E questo mi basta. L'onda forse non vuole portarmi più via. Vuole lasciarmi qui. Sta dicendomi qualcosa che non riesco a capire. Forse vuole fermarsi dove sono io. In silenzio. Nano nano

domenica, settembre 02, 2012

Io


Sono quasi tutti qui davanti a me. I miei "io" futuri. A meno che domani non finisca di respirare di colpo. Così. Nauseato dall'ossigeno, bramoso di buio e fuoco.  Così. Stecchito per uno dei miliardi motivi per cui uno stecchisce. Ma facciamo finta che non succeda né domani né nei prossimi quattro decenni. Sono tutti qui davanti a me i miei "io" futuri. Li guardo. Alcuni mi fanno paura, altri tenerezza, altri ancora mi sono indifferenti. Alcuni "io" sono assenti, altri duri e scontrosi. Alcuni parlano, alcuni stanno zitti. I più audaci cantano. La maggior parte di loro ascolta. E io, ora li guardo sapendo che tra poco potrei essere al posto loro. Non ci saranno più tavoli per ballarci sopra, watt per assordarmi, passaporti capaci di sedare il sogno che mi separa dagli altri. Non ci sarà nulla di tutto questo in quegli "io" futuri. Nulla. Per questo mi fanno paura. E per esorcizzarla, questa paura, li guardo sorridente. "Sono vostro amico", vorrei dire. Ma loro non ci stanno alle mie bugie. E mi lasciano solo, teso, a pensare a loro. I miei "io" futuri. Nano nano.

giovedì, luglio 05, 2012

Avrei

Ci siamo. La sento. Arriva. Mi inonda. Bastarda. Vorrei scappare. Non farmi raggiungere. Evitare di pensare. Scacciarla. Fuggire. Nascondermi. Confondermi tra tanta gente. Ma so che quella fottuta sensazione mi riconoscerebbe lo stesso, mi prenderebbe lo stesso, mi terrebbe stretto lo stesso ai suoi sterili tentacoli. Per stringermi fino alla resa dei conti. Per vedermi capitolare. Sconfitto tra mille rimorsi e un milione di rimpianti. “Avresti”, mi suggerisce. E da qui il baratro dei miei ricordi che schizzano alla velocità della luce in cerca di un’approvazione che non c’è. Che non viene. Che non riesco a gridare. “Avresti”. Sì lo so. Avrei dovuto rimanere in Spagna, avrei dovuto fare l’architetto, avrei dovuto innamorarmi più tardi, avrei dovuto lottare per i miei sogni, avrei dovuto esistere, avrei dovuto mollare il colpo prima, avrei dovuto fottermene, avrei dovuto fottere, “avrei”, “avrei”, “avrei”. Quante cose “avrei dovuto fare”. Ci siamo. La sento. Arriva. Mi inonda. Bastarda. Vorrei scappare. Ma non riesco e scrivo. Di lei. Nano nano.

giovedì, giugno 28, 2012

Sii


Sono davanti al bar sotto casa. Mi saluta il barista che sta tornando da qualche commissione. Il marocchino amico mio, quello che mi chiede sempre come sta mia moglie, il figlio, la sorella i nipoti i parenti tutti, mi dice se gli pago il solito cappuccino con brioche che generalmente gli offro. Il barista sente e gli commenta scherzando: “Ma sei proprio una puttana, sempre a chiedere”, o qualcosa del genere. Mentre lo dice io e lui stiamo entrando nel bar, lui per lavorare io per pagare il conto del mio amico marocco. Il barista: “Parlavo di lui e non di te, anche se non credo ti sei offeso perché la faccia da puttanella ce l’hai anche tu”. Io lo guardo semi basito, mi vedo con lo sguardo ammiccante in cerca di elastici pronti ad esplodere, poi biascico qualcosa senza senso, come il resto della conversazione. Esco, saluto il mio amico e mi dirigo verso l’automobile. Sì, automobile, non macchina. Io sono l’unico che la chiama così. Lo so. Quindi, dicevo, mi dirigo verso l’auto e penso : “Ma cosa ho sbagliato nella mia vita? Perché non mi sono dedicato a fare quello che la gente pensi faccia?”. “Sii quello che sembri”, ha scritto Lewis Carroll mentre trascinava la sua Alice tra le meraviglie. Puttana eva… saperlo prima.  Nano nano

domenica, giugno 10, 2012

Esteticamente nebbiosi

E' un fatto di estetica. Null'altro. Pura estetica. Ci sono cose fastidiose alla vista. Uomini e donne, fastidiosi alla vista. Io la chiamo tendenza. Quelli e quelle che "tendono a...". Tendente a tronista, tendente a soubrette, tendente a eleganza, tendente a signorilità, tendente a truzzo. Tutto ciò che tende a qualcosa e che non è qualcosa lo detesto. Ecco perché in questa epoca dove l'estetica è diventata un optional, dove lo "stare bene con qualcosa" è stato sostituito da "assomigliare a qualcosa", a uno status, un simbolo, un'emozione, un look, Milano mi dà fastidio. La trovo sfacciata nella sua arroganza, soprattutto quando ti sbatte in faccia la sua mancanza totale di fascino. Milano e i milanesi sono privi di fascino. Perché non esistono più nella loro estetica ma semplicemente "tendono a". Nella loro testa, probabilmente, tendono ad essere londinesi, o parigini, o semplicemente distinguibili cittadini lombardi. Ma è difficile essere "distinti dagli altri" quando si è omologati verso il basso. Molto difficile. L'omologazione non fa rima con distinzione. E' un ossimoro. Come dire, per esempio, che a Milano è divertente. Anzi: esteticamente divertente. Impossibile. Rivoglio la nebbia così mi impedisce di vedere. Nano nano

giovedì, giugno 07, 2012

Tragame tierra



Scena numero uno: fuori dal lavoro incontro la mia vicina di casa col suo collega architetto. Siamo in mezzo ad un rondò. Io sulla motoretta, loro a piedi in attesa di salire sull'auto parcheggiata a pochi metri da noi. Mi parlano di un progetto tv gestito dai soliti nomi. Io che non so come esprimetre il mio disappunto mi limito a dire. "Porca eva ma quelli non mollano mai il colpo? Forza cancro, ti viene voglia di dire"
Scena numero due: sto facendo running nel giardinetto vicino a casa che a Milano chiamano parco. Con la mia musica nelle orecchie faccio i miei giri passando ripetutamente davanti ad un gruppo di persone. Io ho occhi solo per un ragazzetto dalla cresta alta e dal sorriso malizioso che parla con la fidanzatina. Lei ai miei occhi sembra una tredicenne. Dopo vari passaggi, il gruppo si sbraccia per salutarmi. Capisco di colpo che sono altri miei vicini di casa. Preso dallo stupore e dall'imbarazzo di non averli salutati prima, rallento la corsa, tolgo un auricolare e grido, rivolgendomi alla ragazza che ha 19 anni. "E' che non vi ho proprio riconosciuti, tu poi mi sembravi una tredicenne". Convinto di farle un complimento. Avendo io una certa età e frequentando coetane più o meno nate quando sono nato io, vado a colpo sicuro: togliere gli anni è come regalare una fiala di filler, un successo.
Per la frase della scena uno ho ancora i sensi di colpa solo per averla pensata. L'ho detta e per me che sono ipocondriaco e in fondo un boyscout laico, significa pensieri orrendi.
Per la frase della scena due mi sono sentito un poveretto, senza punti fissi che vaga nei meandri della sensatezza incapace di ritrovare la via d'uscita. L'imbarazzo mi fa dire brutte cose... Mamma mia. "Tragame tierra", direbbero in Spagna. Rapidamente però. Nano nano

giovedì, maggio 31, 2012

Ground Zero

Cani. Per strada tanti cani. Tutti i cani del mondo sono qui. Tutti hanno un cane. Per abbaiare alle loro solitudini pensando di spaventarle. Non mi interessa l’11 settembre. Non mi interessa il dolore quando passa attraverso le bugie. Non mi interessa ground zero. Non mi interessa nulla di questa ferita.  Sono stato a Wall street. Ho pensato: perché loro sì e io no. Ho pensato ai libri di Breat Easton Ellis. Ho pensato: meglio così. Mi sarei perso dietro un armadio pieno di abiti griffati. Sono solo fantasie. Mi avrebbero mangiato i coccodrilli in giacca e cravatta. Avrei potuto far l’amante. Ma negli anni ottanta ero già un amante. Nessuno sarebbe riuscito a portarmi via da quel posto. Amante. New York. Londra. Chissà chi delle due fa l’amante. Hanno un’anima le città. E quando amano la loro anima la senti esplodere. Mi piace pensare che New York e Londra siano due vecchie amanti che si detestano. Per questo piene di amore. New York: “I don't exactly have a sparkling resume”. Per questo sono qui. Nano nano 

giovedì, maggio 24, 2012

Un gran pezzo d'America

Davanti a me ho un pezzo immenso d’America. La statua della libertà. Il ponte di Brooklyn. L’Empire state building.  Il vuoto riempito da un altro grattacielo lasciato dalle torri gemelle e poi gli edifici di Wall street. Davanti a me ho un gran pezzo d’America. Altro che l’Ubalda. Lo guardo e mi sembra così vicino a questa parte di New York che quasi mi fa paura. Mi sembra di averlo addosso questo pezzo d’America. Spatatrac. E il pezzo d’America te lo trovi appiccicato alle lenti dei tuoi occhiali senza neppure rendertene conto.  Non so se l’America mi piace. Ma trovo questo pezzo d’America talmente irreale che mi fa tenerezza. Lì, fermo a rivendicare il suo ruolo. Povero ponte di Brooklyn  attaccato ai suoi fili tesi, resistente a tutto. Se fossi in lui avrei voglia di sprofondare. Di inabissarmi. Di sparire per sempre da qui e andare a collegare altri corpi, da qualche altra parte del mondo.  Davanti a me ho un pezzo immenso d’America.  E io sono lì che lo guardo, attento a non sciuparlo. Questo tenero pezzo d’America.  Nano nano

lunedì, maggio 21, 2012

Manhattan

Ieri sono stato a Brooklyn. Williamsbourg. Il quartiere che tanto piace agli italiani e ai new hippie post XXI secolo. A me no. Grazie, ridatemi l'isola. Io sono cresciuto guardando Fame, i Jefferson, Harlem contro Manhattan, Innamorarsi, Love story, A piedi nudi nel parco, Fiore di cactus, Taxi Driver, Amici complici amanti, Andy Warhol, i film di Scorsese e l'Actors studio in testa. Sono cresciuto pensando che New York fosse solo Manhattan, con la quinta, Central park e Chinatown. Quando ero piccolo Brooklyn era una marca di cicche con un ponte disegnato. E punto. Del resto non sapevo nulla. Non mi interessava. Volevo i grattacieli, volevo il sogno, volevo le via dritte e perpendicolari. E per me esistevano solo in una parte del mondo: New York. Volevo Marilyn Monroe fotografata sulla grata della metropolitana per sempre. Volevo quelle scene fisse nei miei occhi. Poi, sono diventato grande e i miei occhi si sono riempiti di altre immagini e tutto quello che avevo immagazzinato  su New York è finito in un angolo. Ora, a distanza di decenni,  quell'angolo rivuole i suoi 10 minuti di celebrità. E io sono pronto, non solo a dargli 10 minuti, ma tutta una vita. Perché per me Marilyn da quella grata non se ne è mai andata. Mai. Ridatemi Manhattan, grazie. Nano nano.

sabato, maggio 19, 2012

Topi



Topi. Ne ho già visti due, in quattro giorni. Chissà quanti ne vedrò nei prossimi. Topi. Fanno schifo. Mi fanno schifo. Come a tutti del resto. Poveretti, costretti a fare una brutta parte, per poter sopravvivere, perché la catena alimentare  ha deciso così. Magari avrebbero voluto essere leoni. E invece si ritrovano ad essere topi. A New York sono più delle persone. Insieme agli scarafaggi si contendono il primato. Sono più dei cinesi, sicuramente. Chissà se anche più dei latinos. New York è una favola costruita su un sogno. Infranto. Quello di milioni di persone che per fare sognare sono costrette a dimenticarsi la notte. Un po' come i topi che squittiscono invece di ruggire. Nano nano

martedì, maggio 15, 2012

Sarah Jessica, John e Robert



Central park. Piovvigina. Mi sento Sarah Jessica Parker, John 
Lennon e Robert Redford nello stesso tempo. Sono nel loop del "io sono lì, avete capito?". Vorrei inviare foto al mondo da New York. Mi fa paura questa cosa.  Ma non voglio raccontare e mi sforzo di spegnere dentro di me il tasto "condividi con i tuoi amici". Che brutta cosa Facebook che ti strappa dal tuo corpo e ti fa divorare dagli altri. Che bella cosa New York. Pioviggina, io ho le infradito ai piedi ho voglia di freddo e di leggerezza nello stesso tempo. Le scarpe pesano. Le giacche ingombrano. Non voglio impicci nei miei movimenti. Sono nel paese della libertà, in fondo. Nano nano.

giovedì, aprile 12, 2012

Odio i gay

Odio chi ostenta. Ricchezza, bellezza, intelligenza, ironia, stupidità eccetera eccetera eccetera. Detesto il troppo se non c'è di mezzo la consapevolezza dei propri limiti. Detto questo, odio i gay. Quelli spudoratamente gay. Quelli che ti sbattono in faccia la loro passione per cose nerborute e tese, per barbe ispide e petti lisci come il lubrificante che hanno dentro la borsetta. Quelli che vogliono farti sapere subito chi si sbattono la sera nel letto, e qual è il loro pensiero appena si svegliano e accendono il cellulare. Odio questo genere di omosessuali incapaci di vivere il loro mondo. Odio anche gli etero he parlano solo di donne, calcio e sughi della madre. Automaticamente non posso che detestare l'altra fetta di maschi che alle donne sostituisce mutande belle piene, a un pallone Madonna e al sugo della madre il sugo della madre. Infatti. Odio gli uomini che ostentano: ricchezza, bellezza, intelligenza, ironia, stupidità eccetera eccetera eccetera . Odio quasi tutti, praticamente. Nano nano
(nella foto, Mario Casas attore spagnolo)

giovedì, marzo 01, 2012

Zingari


Venti anni fa qui a Lisbona sentivo l'Europa alle mie spalle e mi dispiaceva. Non conoscevo ancora Londra, non ero mai stato a Berlino, Stoccolma, Helsinki o Copenaghen. La vecchia e rassicurante Europa da Lisbona, 20 anni fa, era lontanissima. Ed ero felice di sapere che dopo qualche giorno sarei tornato al centro del mondo. Al centro di quello che mi avevano fatto credere fosse il mondo. Ora, a 20 anni di distanza, sapere che ancora il Portogallo da le spalle al resto del continente a cui appartiene, mi rilassa. E' tutto dietro. Davanti il nulla. Mi sento un conquistatore che pensa a cosa potrebbe fare da ora in avanti. "Mamma, mamma perché gli zingari in Portogallo sono più buoni?". "Perché da lì non saprebbero dove andare". Gli zingari... Nano nano.

giovedì, febbraio 23, 2012

Shopping bag


Una storia in un sacchetto. Piccolo. Di quelli che ti danno quando compri un paio di mutande in una qualunque catena che ha il compito di farti credere di essere sexy come Cristiano Ronaldo ma senza indossare underwear Armani. Un anno e mezzo, tutto lì dentro, in una sportina rubata a Brontolo, Cucciolo, Pisolo o Mammolo. Mini, ma senza il volante e le quattro ruote che ti possono portare lontano. Un anno e mezzo di vita sentimentale racchiusa in un sacchetto che giusto giusto contiene un paio di mutande. Oppure un libro, un paio d'occhiali dimenticati, due porta lenti a contatto, uno smart box prossimo alla scadenza e un mazzo di chiavi di una casa frequentata poche volte per dargli un senso. Se avessi quindici anni, vivessi ancora coi miei avrei avuto bisogno di una ditta di traslochi per far transumare gli oggetti da un luogo all'altro. Credo. Invece, ora che di anni ne ho il triplo, mi è bastato una busta di Tezenis. Quella che ti danno quando compri un paio di mutande. Se ci aggiungi anche la canotta te ne meriti una più grande. Insisto. Probabilmente la grandezza delle cose che gli altri ti lasciano è inversamente proporzionale all'età. Più aumenta, più diminuiscono. Potrebbe essere. Perché no, in fondo il ragionamento ha una sua logica: quando sei più giovane sei pieno di ammennicoli, oggettucoli, carabattole e feticci che con l'età vengono sostituiti da sovrastrutture mentali difficili da dimenticare, figuriamoci trasportarle. Tutto vero. Tutto possibile. Tutto giusto. Ma lo stesso fa senso trovarsi tra le mani un anno e mezzo di relazione, in un sacchettino porta Tampax. Col dramma che a guardarlo colmo e satollo di cose non tue, ti viene un po' di tenerezza, di melanconia, di commiserazione, di voglia di farti stringere da qualcuno che assomigli tanto a te stesso. Ma tanto tanto. Nano nano
(nella foto, Cristiano Ronaldo underwear Armani)

venerdì, febbraio 10, 2012

Ogni giorno


Ogni giorno vorrei scrivere qualcosa... Ogni giorno vorrei perdere nessun giorno... Ogni giorno vorrei capire che è successo fuori di me ed appuntarlo. Un dettaglio, uno scherzo, un'occhiata saputella, un ennesimo no. Ogni giorno vorrei sentire qualcosa e fermarlo. "Ei tu fermati e spiaccicati sul mio blog così almeno fra cento mesi quando lo rileggerò mi ricorderò di te". Caso mai, nel frattempo ti dileguassi nel nulla. Ogni giorno vorrei che il giorno meritasse di essere qui. Ogni giorno... nano nano