venerdì, settembre 02, 2005

Gay parade

Gay parade(ovvero tutto quello che un gay, se ci pensa bene, non ha mai dimenticato).
Ho trovato questa classifica in una scatola di Denim che utilizzavo quando ero piccolo per conquistare le mie prede. "Essendo uomo e non dovendo mai chiedere, chissà come sarà facile cuccare", pensavo, quando imberbe mi mettevo il gel in testa. Credo di averla copiata da qualche rivista (King?, Moda? Ragazza in?, mah). Ve la ripropongo.

Decima posizione
Quando è arrivata sembrava una generalessa nazi presa in prestito da tele Kabul, poi alla prima inquadratura delle mani e delle unghie, rigorosamente smaltate di rosso si è capito che dentro quel sergente batteva un cuore più femminile di quello di Boy George. Chi l’ha vista, parliamo di Donatella Raffai, non può essersene dimenticato.

Nona posizione
La pubblicità stampa di Regina Schrecker con la biondona di turno stritolata in una tuta in lamè d’oro munita di spalline a tre piani. Siamo negli anni ottanta. La Oxa a Sanremo scendeva le scale dietro una tuta aderentissima che la precedeva di un micromillimetro, Loretta Goggi aveva gli occhi tumefatti dall’ombretto e i capelli cotonati a rischio condono edilizio, mentre Enrico Coveri si era lanciato con i suoi jeans a palloncino, larghi sulla coscia e stretti in fondo, ed era caduto in piedi. Beato lui.

Ottava posizione

Erano belli, bruni e sorridenti. Anzi: bellissimi, brunissimi e sorridentissimi. La leggenda dice che siano stati scelti personalmente dal maestro Valentino per il lancio dei suoi bijoux. Sta di fatto che questi smandrapponi impenitenti stracolmi di anelli, bracciali e collane per sole signore hanno aperto un’epoca: quella del modello azzurro, versione moderna e rockettara del romantico principe. Da urletto.

Settima posizione
In casa ci portava la bicicletta, la panca per il crunch e il fidanzato ricco e potente. Ma lei non lo sapeva, che era ricco e potente. Gli spettatori che stringevano i pugni e incrociavano le gambe dall’emozione, sì. Loro si immaginavano entrare in questo loft improbabile gettando da una parte la tuta sporca di olio e lavoro per precipitarsi dall’altra muniti di pants aderenti, fascia per i capelli, e scaldamuscoli, impazienti di vivere le nuove lezioni di aerobica di Sydne Rome, Jane Fonda o Barbara Bouchet indifferentemente. Sognando ovviamente di diventare come lei, la Alex di Flashdance.

Sesta posizione
Dopo Wanda Osiris nessuna meglio di lei è stata in grado di scendere, seppur in questo caso di forma circolare, una scala. Lo faceva tra petali luminosi e corolle pulsanti al grido di: “Ecco a voi, bello più del sole, Marco Predolin”. Stiamo parlando di Sabina Ciuffini a M’ama non m’ama che ad ogni gradino faceva sobbalzare stuoli di giovanissimi cripto omosessuali che seduti sul divano tra la nonna e la mamma sublimavano la loro voglia di ola, con un colpetto di tosse. M’ama o non m’ama. S’ama…..sicuramente.

Quinta posizione
E’ arrivata dal nulla e subito nel nulla ci deve essere ritornata (in senso metaforico, ovviamente). Si chiama Tiziana Fiorveluti e per pochi mesi era la risposta privata alla pubblica Heather Parisi. La prima storia di rivalità tra bionda e bruna dell’era post soloRai sciupata a passi di dance, cicale e disco bambine. E’ bastato un attimo per accorgersi si lei: sorridente, scalata, e soprattutto spaesata (come i quattro telespettatori che se la ricordano). Immediata la scissione dei maschi in crinoline pronti a schierasi con l’una o l’altra. E in mezzo Tv sorrisi e Canzoni indeciso con chi stare.

Quarta posizione
BB. Non Brigitte Bardot, ma Brigitta Boccoli. Non SaintTropez, ma la corte di re Gianni Boncompagni. Non il rumore dei ciak della nouvelle vague, ma gli scricchiolii delle casalle del cruciverbone di Domenica in. Bb come boccolona al quadrato, vista la massa di capelli che soprastavano la sua scatola cranica. E quando piangeva dal ridere e il cerone si squagliava, sotto gli occhi umidi di chi avrebbe voluto essere al suo posto, assurgeva in un nano secondo a Madonna d’Arval e d’Oreal contemporaneamente. Da ringraziare a suon di bottigliete d’acqua ossigenata. Guai se le fosse spuntata la ricrescita….

Terza Posizione
Alzava la cornetta del telefono, rispondeva Pronto chi gioca? e si toglieva l’orecchino con la clip. Tutto contemporaneamente. Tre gesti uni e trini che gli omovideo in fieri vedevano consumarsi in religioso silenzio. Era la Bonaccorti alle prese con il programma di mezzogiorno post Carrà. Un must, adorare Enrica che faceva scivolare l’orecchino dal suo lobo e lo tratteneva in mano prima di appoggiarlo sul tavolo vicino al telefono. Soprattutto per chi a quei tempi ignorava l’esistenza di buchi e percing, ma conosceva fin troppo bene quella degli orecchini pendenti fino alla clavicola della sorella. Quante notte in bianco passate a chiedersi: “Perché io no?”

Seconda posizione
All’inizio era brutta, scialba e senza un filo di trucco. Poi, dopo un viaggio in Europa, la catarsi. E riappare bella, truccatissima e soprattutto con una montagna di capelli in testa, da far sembrare Marcella Bella vittima dell’alopecia. E’ la carioca Sonia Braga in Dancing days alle prese con amori impossibili, rapporti Singer tutti da ricucire, drammi da eyeliner water resistent e tante ore buttate al vento di Copa Cabana beach. Per non parlare della sorella Jolanda diventata buona dopo una cura del sonno che ancora qualche paziente impenitente pretende dalle Asal. In quel periodo in Italia l’iscrizione all’Arci gay si pagava in cruzeiros (l’allora moneta brasiliana).

Prima posizione
Le prove le abbiamo fatte tutti davanti allo specchio del bagno con il phone tirato al massimo, puntato a modi Calibro 54 sulla tempia. O in automobile con il finestrino abbassato e l’occhietto lacrimante fisso sullo specchietto retrovisore. Oppure, sventagliando a rischio crampo alla mano, l’ultimo numero di King. Perché volevamo essere come lei: Loredana Bertè alle prese con il vento invernale del suo triste e rauco mare. Lei, capelli all’aria, gridava a squarciagola: “ e io che non riesco nemmeno a parlare con me”. Gli altri dal bagno di casa, urlavano alla madre: “sì, vengo ho finito….” E spegnevano il phone grondanti di sudore.

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